NBA ALL STAR GAME

STORIE DI ALL STAR GAME


Gli americani amano gli spettacoli in grande stile e poco importa che si parli dei fuochi artificiali per il 4 Luglio o delle faide tra vicini di casa per la migliore illuminazione natalizia. Lo sport, specchio della società, non fa eccezione ed allora i vari All Star Games degli sport professionistici sono irrinunciabili e seguitissimi eventi.

La NBA nasce nell’estate del 1946 e dopo soli 5 anni organizza la prima “Partita delle stelle”: è il 2 Marzo del 1951 quando, al vecchio Boston Garden, 10000 persone applaudono i migliori atleti della palla a spicchi. Sono passati quasi 70 anni ma siamo sicuri che agli appassionati, alcuni dei nomi di quegli giocatori “in bianco e nero” suonano familiari: Paul Arizin, Ed Macauley, George Mikan, Dolph Schayes, Bob Cousy diedero vita ad un incontro vibrante che vide l’Est prevalere per 111-94; miglior marcatore per i vincitori (e primo MVP della manifestazione) fu Ed Macauley, talentuosissimo “lungo” dei Boston Celtics, mentre per l’Ovest fu Alex Groza, centro degli Indianapolis Olympians…il fatto che (non dite bugie) non sappiate chi diavolo fosse Alex Groza non è una grossa colpa, ma vale la pena perdere un minuto per spiegare come mai se ne siano perse le tracce: Groza era veramente un fenomeno, o almeno avrebbe potuto diventarlo…nacque a Martins Ferry, in Ohio, nel 1926 e già qui vale la pena di fermarsi u n secondo, perchè proprio a Martins Ferry, un paesino che oggi conta 7000 anime e negli anni 30-40 ne contava 14000, sarebbe nato tre lustri dopo un altro grandissimo del basket, quel John “Hondo” Havlicek che avrebbe fatto la storia in due versioni vincenti dei Celtics, quella di Russell e quella di Cowens, per semplificare. Ciò detto, Groza vinse 2 titoli NCAA e fu poi il miglior marcatore della nazionale olimpica che portò a casa l’oro alle olimpiadi del 1948. Scelto al primo giro del draft 1949 da Indianapolis, segnò 23.4 punti di media nel primo anno da professionista; la nomina a Rookie of the Year fu autiomatica. L’anno successivo ne segnò 21.7, venne selezionato per l’ All Star Game (appunto) dove piazzò 17 punti e 13 rimbalzi. E allora, perchè sappiamo tutto di George Mikan e Bob Cousy e nulla di Alex Groza? Fondamentalmente perchè Mikan e Cousy non si sono mai venduti una partita. Già: insieme a due compagni di Kentucky Alex venne accusato di aver “aggiustato”, ai tempi del College, dei risultati p er un giro di scommesse. La radiazione è immediata.

La storia dell’ All Star Game è fatta dagli atleti che vi partecipano, ovviamente, e se qualcuno ha lasciato tracce non esattamente edificanti, come il nostro Alex, altri hanno lasciato memoria del loro talento e ci piace ricordare, a poca distanza dalla sua tragica scomparsa, come sia stato Kobe Bryant l’unico giocatore a ricevere per 4 volte il premio di MVP, nel 2002, 2007, 2011 e 2009, quest’ultimo in “coabitazione” con Shaquille O’Neal. Nel momento in cui scriviamo non si è ancora giocato, per cui potrebbe essere che nel frattempo Kobe sia stato raggiunto da LeBron James, vincitore nel 2006, 2008 e 2018. A tre titoli di MVP si sono fermate altre due leggende, “His Airness” Michael Jordan (1988, 1996 e 1998) e Oscar Robertson (1961, 1964 e 1969), “Mister Tripla doppia”, probabilmente il più completo “All around player” nella storia del gioco, un signore capace di terminare una stagione con 30.8 punti, 11.4 assist e 12.5 rimbalzi di media (giovi ricordare che non arrivava ai due metri) e 14 anni di carriera a, rispettivamente, 25.7, 9.5 e 7.5.

Earvin “Magic” Johnson fu MVP “solo” per due volte, ma la seconda, quella del 1992, fu speciale: nel 1991 aveva infatti pubblicamente comunicato di essere sieropositivo e non aveva giocato nemmeno una partita in stagione: fu comunque votato, partecipò e segnò 25 punti con 9/12 al tiro, ciò che gli valse, appunto, il premio di migliore in campo.

E’ stata la prima volta in cui il tema sociale si è intrecciato con quello sportivo, ma non l’ultima: alcuni ricorderanno certamente lo spostamento di sede del 2017, da Charlotte a New Orleans, a causa di una controversa norma promulgata dalla Carolina del Nord che negava alle persone transgender la possibilità di scegliere di quali servizi igienici usufruire nei luoghi pubblici, obbligandole ad utilizzare quelli riservati al sesso riportato sul certificato di nascita. Ci furono proteste e tensioni per mesi, tanto che Adam Silver fu costretto a battere in ritirata spostando la sede della manifestazione.

Kobe e LeBron sono anche sul podio per il maggior numero di “Partite delle stelle” giocate e James da domani sarà al secondo posto assoluto, con 16 partecipazioni, sopravanzando Bryant e Tim Duncan con 15. Il primo? Naturalmente il fenomenale (e longevo) Kareem Abdul Jabbar, a 18 presenze su 20 anni totali di carriera passati tra Milwaukee e Los Angeles. Proprio Kareem può anche vantare un altro record, quello del giocatore “meno giovane” ad aver partecipato alla manifestazione: era il 1989 quando, a 41 anni, partecipò come riserva alla vittoria dell’Ovest per 143-134, contribuendo con gli ultimi 4 punti della sua carriera di All Star. MVP fu, in quell’occasione, un’altra leggenda, Karl Malone.

L’ All Star Game ha seguito gli alti e bassi della lega, dai difficili inizi quando la NBA stessa soffriva le poche presenze sugli spalti fino agli anni della globalizzazione con i quasi 110000 spettatori del Cowboys Stadium nel 2010; ha sempre accompagnato ogni stagione, tranne quella del primo “lockout”, quella “mozzata” del 1999 nella quale non fu possibile trovare lo spazio per organizzarlo. Una cosa è certa: finchè ci sarà la NBA ci sarà anche la Partita delle stelle, per cui, che lo si segua o meno, che lo si consideri un appuntamento irinunciabile o una stucchevole baracconata, lunga vita all’ All star Game!


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